Rassegna stampa: Grosjean e quei 28 secondi all’inferno

Il miracolo di Romain Grosjean rivissuto attraverso i racconti dei quotidiani italiani e la prima pagina de l’Equipe che ancora una volta si è contraddistinta (ma va detto che Romain è francese, fosse capitato a un pilota italiano anche da noi avremmo visto lo stesso impatto… vero?)… La tecnologia, la preparazione fisica e anche un pizzico di fortuna. Ecco che cosa ha salvato Grosjean dopo che la sua Haas, entrando in contatto con l’Alpha Tauri di Daniil Kvyat, è andata a sbattere violentemente contro il guard rail, spezzandosi in due e trasformandosi in una palla di fuoco.

Ecco grazie a http://loslalom.it la rassegna stampa di oggi

La protezione in titanio esiste dal 2018, Todt la impose contro i puristi dopo l’incidente a Jules Bianchi, la cui mamma ieri si è commossa. Si è salvato così, ho scritto anche su il Giornale: il merito è di “quello scudo a forma di infradito messo per cappello sulla testa dei piloti, l’halo, merito dell’hans, quella briglia che imprigiona con lacci i movimenti di testa, collo e casco, merito delle cellule di protezione di abitacoli che sembrano fortezze e però, soprattutto, merito di un miracolo”. Grosjean ha ustioni a mani e caviglie, nessuna frattura.  Sabato, al termine delle prove, aveva parlato alla radio con il suo team, ringraziando uno a uno tutti i meccanici, «nonostante le cose quest’anno siano andate complessivamente male». Aveva detto: «Domani salutiamoci con affetto».

Dinanzi alle scene del rogo, le sue parole sono risuonate a un certo punto ancora più drammatiche, mentre sono tornate davanti agli occhi le scene di Lorenzo Bandini a Montecarlo o di Jackie Ickx in Spagna nel 1970, di Williamson in Olanda nel 1973, quando il suo compagno e amico Purley urlava disperatamente cercando di capovolgere la macchina da solo a mani nude in mezzo alle fiamme, oppure le immagini di Lauda al Nürburgring nel 1976, di Peterson a Monza nel 1979 e di Gerard Berger a Imola 1989.

Jacopo D’Orsi su la Stampa ha scritto che “la seconda vita di Romain Grosjean è iniziata da supereroe. Come sia uscito da quella macchina lo sa soltanto lui, è qualcosa di sovrumano che ha a che fare con il coraggio, il cuore, la fortuna. La tecnologia. Spesso si abusa della parola miracolo ma non ne troviamo una più adatta”. Alessandra Retico su Repubblica ha spiegato che “i piloti si allenano con procedure specifiche per questo, sperando che rimangano solo teoria”.

Giorgio Terruzzi sul Corriere della sera sottolinea il ruolo dell’Halo. Ma non solo. “È un trionfo della tecnologia applicata alla sicurezza. Se Grosjean potrà raccontare ai nipotini questa terribile avventura, dovrà parlare anche di fortuna perché le corse, la F1, continuano a frequentare quella linea sottile che separa gioia e patimento, il vivere dal morire. Oggetti evoluti, velocissimi, che viaggiano a temperature eccezionali, che diventano proiettili quando l’aderenza è perduta. Un attrito, un sobbalzo e siamo sulla soglia della tragedia. Così, mentre ci rincuora l’esito di questo schianto, serve ripassare la contraddittoria consapevolezza di avere a che fare con un gioco estremo e, quindi, potenzialmente letale. Anche per questo magnetico. Si discuterà sulla posizione del guard-rail del Bahrain, sulla sua pericolosità. Esercizi utili per approdare a nuovi progressi, nulla che possa preservare davvero chi guida”.

Da un incidente ti salvi solo per una ragione: non è il tuo momento per andartene

Jackie Ickx

Leo Turrini sul Resto del Carlino sottolinea il fatto che “ci siamo abituati all’idea che il pericolo non frequenti più i circuiti. Ci siamo cullati nella ingenua convinzione che ormai la Formula Uno si sia trasformata in un innocuo video gioco. In una attività che, non per caso, sempre più spesso propone protagonisti giovanissimi. Addirittura Max Verstappen debuttò minorenne e allora ti viene da pensare che tra la Play Station e una gara non ci sia poi tutta questa differenza. Non è così, non sarà mai così, non potrà mai essere così. Questo intendeva spiegare Hamilton, nel sollievo per lo scampato disastro di Grosjean: non sottovalutate il mestiere che facciamo, i nostri avi in pista venivano chiamati “i Cavalieri del Rischio”, tante cose per fortuna sono cambiate ma abbassare la guardia è proibito”.

Mauro Coppini sul Corriere dello sport-Stadio misura la distanza tra ieri e oggi anche in termini psicologici e considerando l’evoluzione del mestiere del pilota. “Molto è stato fatto per la sicurezza ma bisogna prendere atto che per un pilota, maggiore è il margine del quale dispone e maggiore è la sua attitudine a tradurlo in un incremento di prestazione. Ma rispetto al passato oggi la situazione è ancora più complessa. Quello di ieri è un normale incidente di gara e per fortuna non si è trasformato in tragedia ma è anche l’eccesso di confidenza che caratterizza le nuove generazioni. Nate e cresciute su simulatori sempre più sofisticati dove all’errore si rimedia con un semplice tocco sul pulsante del reset. Sono piloti sempre più giovani ai quali il rischio non ha mai presentato il conto”.

Share Button
umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

Rispondi

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.